Hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendo di essere ricevuti al Quirinale. Quattro ex scoibentatori dell’Isochimica di Avellino si sono rivolti alla massima carica dello Stato per chiedere aiuto: “Quella che si era prospettata come un’occasione di riscatto e di stabilità per le nostre famiglie si è trasformata in un incubo” si legge in un passaggio della missiva.

Gli ex dipendenti chiedono giustizia perché dopo anni di lavoro nell’azienda in molti si sono ammalati a causa dell’amianto. L’Isochimica cominciò le sue produzioni nel centro di Avellino a Borgo Ferrovia nel 1982 e venne chiusa nel 1989 dal pretore di Firenze, che era l’autorità competente dal momento che le carrozze ferroviarie scoibentate in Campania erano destinate a Prato.

Risarcimenti fermi da cinque anni dopo le condanne dell’Isochimica

Dopo il processo penale in primo grado, nel quale furono condannati a dieci anni di reclusione ciascuno due dirigenti dell’azienda e due ex dipendenti di Ferrovie dello Stato, il giudizio civile per i risarcimenti è fermo da cinque anni. Le vittime di patologie asbesto-correlate sono state 35 e, come scrivono gli ex scoibentatori, ben 234 ex lavoratori si sono ammalati a causa della prolungata esposizione all’amianto. Tra questi, sistematicamente uno al mese sta perdendo la vita.

Nel frattempo nel comune dell’Irpinia dove aveva sede l’azienda è iniziata la fase 2 della bonifica per portare l’area al risanamento: è necessario eliminare le coperture e i controsoffitti dei capannoni dove è stata rilevata la presenza di materiali pericolosi, mentre sono già stati smaltiti cubi di cemento contenente amianto.

La richiesta al Presidente per avere speranza di giustizia

Gli ex lavoratori chiedono dunque al Presidente Sergio Mattarella giustizia per la salute rubata e per il dolore patito dalle famiglie. L’esito paradossale che viene sottolineato è che nonostante il riconoscimento della condizione di “malati di Stato”, siano stati abbandonati dalle istituzioni nella prospettiva di una morte silenziosa e privati della dignità di lavoratori e cittadini. Da qui la richiesta di giustizia per riaccendere la speranza di chi per anni ha lavorato a stretto contatto con l’amianto e si è ammalato di tumore.