Amianto nelle navi della Marina. La Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza di condanna dei Ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale di Augusta (Siracusa) Salvatore Arcieri, che per anni aveva prestato servizio su alcune navi.

La procura di Padova che ha svolto le indagini ha spiegato che l’uomo “è stato impiegato nella diretta manipolazione di materiali in amianto, anche in forma di lastre e cartoni, presenti nella protezione delle paratie tagliafuoco, dei pavimenti e dei locali a motore, con esposizione anche indiretta e ambientale, in assenza di prevenzione tecnica e di protezione individuale”.

In primo grado il tribunale di Siracusa ha riconosciuto i benefici amianto a tutti i ricorrenti. I Ministeri però hanno presentato ricorso, respinto dalla Corte di Appello se non in un punto, “quello del risarcimento per i figli non a carico”.

Il decesso nel 2009

Il motorista navale Salvatore Arcieri di Augusta, in provincia di Siracusa, si era arruolato nel 1957 all’età di 16 anni in Marina dove ha svolto servizio per 6 anni: ha lavorato sulle navi “Mitilo”, “Chimera” e “Vittorio Veneto” per più di 15 mesi. L’uomo è morto nel 2009 all’età di 68 anni a causa di un mesotelioma pleurico per l’esposizione ad amianto, con il quale è stato a contatto negli anni di servizio presso la Marina Militare.

L’asbesto si trovava in tutti i luoghi frequentati dal militare: sulle navi ma anche a terra. Per questo dopo la sua morte la famiglia si è rivolta all’osservatorio nazionale amianto per ottenere i benefici amianto.

Amianto nelle navi della Marina, il militare non era a conoscenza dei rischi

Da tempo è certificata la presenza di amianto sulle navi e in alcune strutture utilizzate dalla Marina Militare del nostro Paese. Questa sentenza della Corte di Appello di Catania conferma ancora una volta la pericolosità di questo materiale e il nesso causale con il mesotelioma che ha ucciso tanti uomini al lavoro, soprattutto nei decenni passati. “Il militare – si legge infatti nella sentenza – era privo di informazioni circa il rischio amianto e svolgeva la sua attività di servizio in luoghi chiusi ed angusti”.