Sono ormai ben 31 anni, con la legge 257 del 1992, che l’Italia ha scelto di mettere al bando la produzione e l’installazione di materiali in amianto. Nel corso di questi tre decenni, sono stati compiuti enormi interventi di bonifica per rimuoverlo da palazzi, uffici e capannoni. Pochi però sanno che l’amianto in se non è un solo materiale, ma una composizione di parecchie sostanze, più o meno fibrose, classificate sotto il comune nome di amianto. E inoltre, pochi sanno che, oltre alla bonifica, dall’inertizzazione dell’amianto si possono ricavare risorse di straordinario valore.
Il nuovo metodo di inertizzazione dell’amianto
In generale, i procedimenti per rendere inerte l’amianto sono terribilmente energivori e antieconomici, dato che il materiale deve essere scaldato fino a temperature altissime, anche fino a 1600°, mantenute anche per cinquanta ore di fila. Proprio per questo, i rifiuti continuano a finire nelle discariche speciali, poco presenti, per esempio, nel sud Italia.
Ecco che l’imprenditore Paolo Tuccitto ha fondato l’azienda Cirtaa (Centro di ricerca internazionale sul trattamento e sulle applicazioni dell’asbesto) dopo aver brevettato diversi procedimenti di inertizzazione dell’amianto.
Cirtaa ha dunque creato una tecnologia che utilizza forni ad atmosfera controllata o in atmosfera protettiva, un vero e proprio impianto automatizzato 4.0 con controllo da remoto, che permette, stando alle parole dell’imprenditore, “di rendere inerte decine di migliaia di tonnellate all’anno di materiali contenenti amianto attraverso impianti impiegati dall’industria siderurgica e metallurgica”.
Quello che rimane, alla fine del procedimento, è in larga parte forsterite e fayalite, due nesosilicati, il primo di magnesio e il secondo di ferro, che appartengono al gruppo delle olivine.
I materiali dopo l’inertizzazione possono davvero esserci utili?
Si, assolutamente, e in tantissimi modi diversi. Uno dei residui principali dell’inertizzazione, ovvero la forsterite, viene usato dall’imprenditore per creare cemento pozzolana, un tipo di cemento che veniva usato, al tempo, anche dai romani. Oltre al cemento le sue applicazioni sono nelle ceramiche, ma non dobbiamo dimenticare che molti altri materiali di scarto possono essere utilizzati in varie industrie.
Alcune applicazioni principali di questi materiali, uniti con altri polimeri a livello chimico, sono la produzione di gomme sintetiche, di tessuti speciali, di leghe ad alta resistenza corrosiva e superleghe in settori tecnologici come l’industria aerospaziale e per la produzione di acciai speciali per contenitori di scorie e rifiuti radioattivi.
È tuttavia nell’economia circolare che la forsterite svela le sue enormi potenzialità
Forsterite vs Zirconio
Uno dei problemi principali della nostra società è il dominio delle terre rare da parte di poche nazioni al mondo. Le terre rare sono zone ricche di materiali indispensabili per la produzione di tecnologia moderna. Dunque, se ci fosse un modo di entrare in controllo di queste zone, o al limite essere in grado di creare materiali alternativi, sarebbe un enorme vantaggio per tutti.
Proprio qui si ricollega l’inertizzazione dell’amianto che, come detto, genera forsterite come materiale di scarto. Questa forsterite può essere utilizzata, sostiene sempre l’imprenditore Paolo Tuccitto, come sostituto dello zircone, un metallo di transizione con qualità simili al titanio (numero atomico 40 e simbolo chimico Zr). Molto resistente alla corrosione, viene impiegato per creare superleghe, come il rivestimento e la produzione di barre di combustibile in impianti nucleari.
Lo scopo dunque, se solo si prendesse in considerazione, sarebbe quello di sostituire lo zirconio con la forsterite, con l’unica differenza che di quest’ultima se ne potrebbe creare molta di più, creando di fatto un nuovo settore tecnologico e generando un esempio virtuoso di economia circolare, un aspetto fondamentale in questo periodo di transizione ecologica.
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