La Fondazione Veronesi ci aggiorna su nuove terapie contro il mesotelioma da amianto. Si tratta, in particolare, della combinazione di ipilimumab e nivolumab che rappresenta, al momento, il miglior trattamento per le persone che hanno sviluppato mesotelioma pleurico classificato come non operabile. Grazie a tale combinazione, si stima che quasi il 20% dei pazienti è vivo a 5 anni di distanza dalla diagnosi. Dati che hanno spinto l’Agenzia Italiana del Farmaco ad approvare l’utilizzo combinato di questi due farmaci e che adesso rappresenteranno un’arma in più contro una patologia oncologica, quella del mesotelioma, che finora ha avuto come unica possibilità di trattamento, con scarsi risultati, la chemioterapia.

Il ruolo fondamentale dell’immunoterapia nella lotta al mesotelioma

Dopo anni d’impiego della chemioterapia, la lotta al mesotelioma da esposizione all’amianto sembra aver trovato un valido alleato nell’immunoterapia, ossia in quella branca dell’oncologia che sfrutta il sistema immunitario con lo scopo di riconoscere e fermare la crescita del tumore il più possibile. A spiegare il meccanismo è Michele Maio, Presidente di Fondazione NIBIT e Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Siena.

Questa nuova terapia contro il mesotelioma è una combinazione unica di due checkpoint immunitari, che combinati assieme, rappresentano un meccanismo d’azione potenzialmente sinergico e in grado di distruggere le cellule tumorali. Mentre l’ipilimumab favorisce l’attivazione e la proliferazione delle cellule T, il nivolumab aiuta queste ultime a scoprire il tumore. Alcune cellule T, in seguito alla stimolazione de ipilimumab, possono trasformarsi in cellule T della memoria e consentire così di beneficiare di una risposta immunitaria a lungo termine.

I risultati dell’immunoterapia

I primi risultati dicono che quasi 1 paziente su 5 è vivo a 4 anni dall’inizio di questo trattamento mentre nella forma non epitelioide la combinazione dei due farmaci ha più che raddoppiato la sopravvivenza media, in grado di raggiungere così 18,1 mesi rispetto agli 8,8 della chemioterapia standard. Risultati davvero inimmaginabili fino a qualche tempo fa ma che adesso sono diventati possibili grazie alla ricerca e alla sperimentazione farmacologica. E grazie all’approvazione della rimborsabilità dei due farmaci, ora cambia lo standard terapeutico per i pazienti colpiti dalla forma non epitelioide, più aggressiva e del tutto insensibile alla chemioterapia, ossia circa il 25% dei casi.